Parodontologia 3° parte

di Philippe Lagarde

Oltre al suo effetto sulle ossa, l’effetto antimicrobico della vitamina D influisce sulla progressione della malattia parodontale e sullo sviluppo di batteri patogeni parodontali come Porphyromonas gingivalis. A livelli insufficienti, la vitamina D causa:

• un aumento della profondità della tasca;

• un aumento del rischio di malattia parodontale del 33%;

• un aumento del rischio di infiammazione gengivale del 20%.

Maggiore è l’integrazione, più visibile sarà l’effetto protettivo della vitamina D.

Una dose giornaliera compresa tra 800 e 1000 UI, cioè ben al di sopra delle dosi raccomandate, consentirebbe un netto miglioramento dei segni clinici, nonché una migliore cicatrizzazione durante le fasi di mantenimento dei trattamenti parodontali.

Implantologia

Molti ricercatori hanno studiato i benefici della vitamina D sull’osteointegrazione, sia a livello topico che sistemico. Sono, per il momento, principalmente su modelli animali.

Un livello adeguato di vitamina D consentirebbe:

  • un aumento del differenziamento osteoblastico e quindi una significativa riduzione della distruzione ossea e della perdita ossea marginale;
  • promozione della formazione ossea, in vitro ed in vivo, ed una migliore osteointegrazione;
  • una diminuzione della reazione infiammatoria a seguito del posizionamento degli impianti;
  • una diminuzione del tasso di fallimenti precoci dell’impianto (3% contro 9).

Per quanto riguarda gli innesti ossei, gli studi sono ancora pochi ma tutti concludono che in caso di tassi ottimali, osserviamo:

  • una formazione ossea accelerata;
  • un aumento della loro percentuale di successo con ridotto rischio di infezioni.

Malattia della carie

Le cellule che secernono lo smalto sono in realtà cellule bersaglio della vitamina D. Il legame con la mineralizzazione del tessuto dentale è stato oggetto di numerosi articoli. L’ipo-vitaminosi D porta quindi a:

• una maggiore prevalenza di carie dentali;

• pulpiti più frequenti, con dentina meno permeabile;

• un aumento dell’incidenza della carie nei bambini in caso di carenza della madre durante la gravidanza;

• ridotto rischio di MIH (ipomineralizzazione di molari e incisivi).

Estrapolando, potremmo anche estendere il campo d’azione della vitamina D per prevenire il cancro orofacciale e di conseguenza ridurre la perdita di elementi dentali. Più in generale, la vitamina D influenza l’intera sfera orale, sia nel parodonto che nel dente stesso, e quindi il tasso di perdita dei denti. Diventa un vero e proprio indicatore di “buona salute”, essenziale per il buon funzionamento del corpo umano ma anche del sistema orale.

Inoltre, i risultati di questo studio ci spingono a considerare seriamente il problema dell’ipovitaminosi D nella nostra pratica quotidiana. L’obiettivo qui non è solo quello di bilanciare il paziente per la chirurgia o la cura, ma anche per partecipare ad un’omeostasi più costante a lungo termine. Appare ovvio che il dosaggio della vitamina D sta diventando una necessità nella valutazione preoperatoria dei nostri pazienti odontoiatrici. L’osteointegrazione di un impianto, la sopravvivenza di un innesto osseo ma anche la stabilità dell’osso o il trattamento parodontale dipenderanno ovviamente dal mantenimento a lungo termine di un adeguato livello sierico.

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Chi è il Dr. Lagarde

Philippe Lagarde è un rinomato medico specializzato in oncologia, conosciuto in tutto il mondo per le sue idee e tecniche innovative di applicazione delle cure per il cancro e dal suo immenso impegno sociale verso le persone affette dalla malattia.

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