Mi sono imbattuto tempo fa in un articolo relativo alla longevità in Sardegna, nello specifico in un piccolo paese di nome: Perdasdefogu (Nuoro).
Si scrive che il paese sia entrato due volte nel Guinness dei primati, con due record: paese con la più alta concentrazione al mondo di centenari e famiglia più longeva del pianeta.
Gli otto over 100 su un totale di 1740 abitanti, 9 con una donna che vive a Milano, uno ogni 250 e dei 40 over 90, sono al centro del progetto “Perdas – with Extreme resources during ageing in Sardinia”, promosso dalla Comunità Mondiale della Longevità – Cmdl- e Ierfop, ente europeo di formazione, presieduti da Roberto Pili e sostenuto dall’amministrazione guidata da Bruno Chillotti.
Al centro dei motivi della loro straordinaria longevità vi sono:
- stile di vita
- alimentazione sana
- il tempo trascorso in campagna, all’aria aperta
- coesione sociale e vivere in maniera inclusiva con la comunità
Quest’ultimo aspetto, affatto scontato, tende a far sentire la persona utile e viene ritenuta una risorsa importante, aumentandone l’autostima e favorendone un approccio positivo alla vita, a qualsiasi età.
Non posso fare a meno di collegarmi al mio ultimo libro “Invecchiare bene si può” in cui termino con una riflessione che desidero condividere:
“Per vivere a lungo, viviamo felici”. Ricercatori americani hanno dimostrato che “coloro che percepiscono l’invecchiamento in modo positivo, vivono in media sette anni in più di coloro che sono depressi dal sopraggiungere della terza età” (Journal of Personality and Social Psychology, 2002).
È qualcosa che ci fa pensare.
Qualcuno potrebbe alzare la mano e chiedermi: “Ma davvero questo farmaco della felicità potrebbe essere il segreto miracoloso per scoprirsi longevi? Addirittura più efficace che adottare uno stile di vita sano, passare a una migliore alimentazione, eliminare quello stramaledetto vizio del fumo e iniziare a svolgere un’attività sportiva?”.
Questa analisi è certamente molto interessante perché ci fa sperare che il nostro morale e la nostra positività interiore potrebbero arrivare addirittura a influenzare direttamente la nostra speranza di vita. E di questo ne sono personalmente convinto, anche perché in 50 anni di oncologia, a tu per tu ogni giorno con la malattia più terribile – il cancro –, quella che spaventa di più sia coloro che ne soffrono sia noi medici che cerchiamo di curarli al meglio e magari di guarirli, ho constatato in modo inequivocabile come i pazienti caratterizzati da un approccio positivo e orientati all’ottimismo siano stati quelli che nel maggior numero dei casi hanno vinto contro la malattia. O che l’hanno placata, resa meno cattiva, riuscendo a conviverci e ad allontanare così il distacco dalla vita.
Vi consiglio di leggere il resto.
A presto!